Lo spogliatoio della Juventus è spaccato, dopo la lite di Igor Tudor con Manuel Locatelli altra rottura con tre senatori davvero molto importanti.
A Torino le parole sono leggere finché non diventano piombo. Negli ultimi giorni, complice una striscia di risultati che non ha aiutato l’umore, circola una voce che pesa: lo spogliatoio spaccato della Juventus.

Il lavoro di Tudor, arrivato con l’idea di alzare intensità e responsabilità, avrebbe innescato frizioni proprio con alcuni leader del gruppo. La più citata riguarda Manuel Locatelli, simbolo tecnico e caratteriale di questa squadra. Eppure, secondo più campane, non sarebbe l’unico. Si parla di altri tre nomi, tre figure che in campo e fuori rappresentano riferimenti. Chi sono? Ci arriviamo.
Perché una frattura simile fa rumore? Perché arriva nel momento in cui ogni dettaglio pesa doppio. Il tecnico croato, fedele a un calcio “verticale” e senza alibi, ha chiesto cambi di passo immediati: ritmi altissimi in allenamento, principi rigidi sulle distanze, decisioni nette sulle gerarchie. Scelte che non sempre passano lisce, soprattutto quando toccano lo status di chi nello spogliatoio ha voce.
Ecco allora che la distanza con Locatelli — questione di ruolo, compiti e leadership — diventa il totem di una tensione più ampia. Intorno, altri tre giocatori sono finiti nella stessa orbita di scontento, tra minuti considerati insufficienti, richieste tattiche giudicate eccessive e comunicazioni interne percepite come brusche. Ma i contorni, fin qui, restano sfocati. Almeno fino a quando una ricostruzione più dettagliata non prova a metterli a fuoco.
Juventus, tensione tra Tudor e i senatori
Secondo quanto riportato da Calciomercato.it il 23 ottobre 2025, e confermato da altre indiscrezioni raccolte nell’ambiente Juventus, oltre a Locatelli i fronti caldi riguardano Federico Gatti, Andrea Cambiaso e Mattia Perin. Il racconto è semplice e spigoloso: Tudor e Locatelli sarebbero ai ferri corti, una formula che, al netto dell’enfasi, descrive un dissenso su posizione in campo, responsabilità nell’uscita bassa e tempi di pressione. Sullo sfondo, la guida dello spogliatoio: chi detta la linea, chi la esegue.

Gatti e Cambiaso entrano nella storia da un’altra porta. Il primo per la gestione degli errori e il peso delle marcature in un sistema che chiede aggressività pura; il secondo per i compiti ibridi tra esterno e mezzala, con richieste di ampiezza e rifinitura che non sempre coincidono con le sue abitudini. Qui la frizione è più tecnica che personale: la misura tra ciò che l’allenatore pretende e ciò che il giocatore sente di poter garantire, subito, senza margine di adattamento. Con Perin, la questione tocca le gerarchie e la comunicazione: il portiere, leader silenzioso nel gruppo, avrebbe manifestato perplessità su modalità e tempi di alcune decisioni. Non una rottura plateale, ma un raffreddamento percepibile.
Il filo conduttore è il metodo. Tudor è noto per chiedere adesione totale al piano, con poca tolleranza per le zone grigie. Quando i risultati non arrivano, quella rigidità diventa un prisma attraverso cui ogni scelta viene letta: una sostituzione anticipata è “una bocciatura”, un cambio di ruolo è “una punizione”, un discorso più duro è “uno strappo”. In realtà, la verità — come spesso accade — sta nel mezzo: ci sono confini che l’allenatore rivendica, e sensibilità che i giocatori difendono. Il resto lo fa il rumore di fondo.
Nel breve, conteranno tre cose: le formazioni, il linguaggio del corpo e il campo. Se Tudor insisterà con alcuni principi non negoziabili, vedremo se i cosiddetti quattro senatori risponderanno allineandosi o se emergeranno nuovi segnali di attrito. Dalla società, al momento, non filtrano dichiarazioni ufficiali: la linea è lavorare dentro, parlare poco fuori. Fair enough. Le prossime partite diranno se queste crepe sono aggiustabili con una vittoria o se siamo davanti a una crepa strutturale, di quelle che costringono a intervenire prima che l’inverno porti altre correnti fredde.





