Jannik Sinner ha detto di no alla Coppa Davis, il retroscena sul motivo è abbastanza particolare. Le parole sul tennista e su cosa punta sono abbastanza incredibili.
Una decisione maturata in silenzio, poi messa nero su bianco: Jannik Sinner alla Coppa Davis di quest’anno non ci sarà. E, come spesso accade quando il numero 1 azzurro sceglie con cura il proprio calendario, subito è rimbalzata una domanda: perché? Nelle ultime ore è emerso un retroscena che aiuta a leggere la scelta. Sinner, dicono dal suo giro, punta ad altro. A cosa, esattamente, lo scopriremo tra poco.

Che la rinuncia fosse nell’aria lo ha confermato Paolo Bertolucci, ex Davisman e oggi voce autorevole del tennis italiano: “Era nell’aria che dopo averla vinta due volte, quest’anno non l’avrebbe giocata”, ha detto all’Adnkronos, ricordando come negli ultimi anni anche Federer, Djokovic, Nadal e Alcaraz abbiano in più occasioni saltato l’appuntamento con le rispettive nazionali.
Il contesto, intanto, è definito: Finals di Coppa Davis in programma dal 18 al 23 novembre a Bologna. L’altoatesino, trascinatore nelle ultime due edizioni vinte dagli azzurri, non ha dato la sua disponibilità. Il capitano Filippo Volandri ha quindi diramato la lista dei cinque convocati senza Sinner: Lorenzo Musetti, Flavio Cobolli, Matteo Berrettini, Simone Bolelli e Andrea Vavassori. Una squadra che mescola braccio, estro e affidabilità in doppio, chiamata a reggere il peso di un’assenza che cambia la fisionomia del gruppo ma non l’ambizione.
A cosa punta davvero Sinner
In un tennis che corre, la Coppa Davis vale ancora tanto sul piano emotivo, ma nel computo stagionale è scivolata indietro per quanto riguarda Jannik Sinner. “Nel tennis moderno la Coppa Davis conta sempre meno, è diventata una competizione secondaria. Contano gli Slam: sono quelli che i grandi vogliono vincere. Poi vengono i Masters 1000, che fanno da preparazione e danno soldi e punti per il ranking. La Davis viene dopo”, è la lettura di Bertolucci. Tradotto: la scelta di Sinner è coerente con una pianificazione che mette al centro i quattro Major e, a cascata, i tornei più pesanti. Dopo due trionfi di fila con l’Italia, l’idea di prendersi una pausa in ottica 2026 (calendario, recupero, programmazione fisica e tecnica) appare meno iconoclasta di quanto sembri.

Non è solo un tema di priorità. La coda dell’anno, storicamente, è un territorio minato: superfici indoor veloci, viaggi compressi, carico fisico accumulato. Un top player che arrivi a novembre con tanti match nelle gambe valuta il rapporto rischio-beneficio: gestire gli allenamenti, curare gli aspetti muscolari, evitare strappi dell’ultima ora. In questo quadro, la rinuncia non è un disimpegno, ma una scelta di gestione. E non è affatto un unicum: lo stesso elenco citato da Bertolucci – Federer, Djokovic, Nadal, Alcaraz – racconta una tendenza strutturale, più che un capriccio occasionale.
La rotta degli azzurri è chiara: esordio ai quarti contro l’Austria, poi, eventualmente, semifinale con la vincente tra Francia e Belgio. Solo in finale l’ipotetico incrocio con la Spagna di Alcaraz, che invece sarà a Bologna. “Dovremo superare avversari insidiosi”, ha ammesso Volandri. “Ma ho la fortuna di poter contare su una rosa ampia che ci permetterà di affrontare l’impegno con la massima convinzione”.
Tradotto in campo: Musetti chiamato a prendersi la scena nei singolari, Cobolli opzione in crescita, Berrettini jolly di lusso se al top fisico. In doppio, l’esperienza di Bolelli e la chimica con Vavassori restano una certezza. Senza Sinner cambia il margine d’errore, non l’identità: ordine, compattezza, scelta oculata delle giornate sì.
Resta, sullo sfondo, la questione culturale. La Davis ha perso centralità? Sì, rispetto all’epoca dei romanticismi a cinque set. Ma continua a essere una vetrina emotiva, un rito collettivo. Se i migliori la centellinano, la responsabilità è in gran parte del calendario e del sistema premi. Finché la gerarchia resterà questa, le decisioni dei big – Sinner incluso – seguiranno logiche chiare. Piacciano o no, sono quelle che tengono in equilibrio carriera, corpo e ambizione.





