Nella casa da ereditare vive un figlio o un parente, che fare? La legge è chiarissima: come si divide

Nella casa da ereditare vive un figlio o un parente e non sapete come muovervi? Ecco cosa succede davvero, chi può restare, come si dividono i beni e quali mosse fare per evitare guai costosi.

Quando in una casa ereditata vive già qualcuno, l’errore peggiore è decidere “a sentimento”. Si tratta di un terreno minato: diritti diversi per coniuge, figli, altri parenti, e regole precise su uso, divisione e tempi. Una domanda scomoda ma necessaria emerge: chi può davvero restare, e a che condizioni?

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Nella casa da ereditare vive un figlio o un parente, che fare? La legge è chiarissima: come si divide – referendumcittadinanza.it

La legge è chiarissima, ma c’è un dettaglio che molti ignorano. Ecco allora chi deve rimanere davvero dentro questa abitazione per legge.

Cosa succede quando nella casa da ereditare vive un figlio o un parente?

Alla morte del proprietario, l’immobile entra immediatamente in comunione ereditaria tra gli eredi. Non è “di chi ci abita”, a meno che la legge non gli riconosca un diritto specifico. Il coniuge superstite ha il celebre diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e l’uso dei mobili, secondo l’articolo 540 del codice civile.

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Cosa succede quando nella casa da ereditare vive un figlio o un parente? – referendumcittadinanza.it

Questo significa che il coniuge può restare senza contestazioni. Per i figli, invece, non esiste un diritto automatico di abitazione: sono coeredi e possono usare la casa come gli altri coeredi, ma l’uso esclusivo richiede un accordo o comporta una indennità di occupazione verso gli altri eredi. Se chi ci vive è un altro parente privo di titolo, non ha alcun diritto di restare contro la volontà degli eredi: la casa rientra nell’eredità e si decide tutti insieme il suo destino.

Il problema si presenta quando chi abita la casa confonde presenza con diritto, creando tensioni tra gli eredi, mentre scorrono i 12 mesi per la dichiarazione di successione all’Agenzia delle Entrate, si accumulano spese e la vendita dell’immobile resta bloccata. Un accordo scritto tra le parti può risparmiare tempo e denaro, evitando sanzioni per successione tardiva, oneri fiscali aggiuntivi, richieste di risarcimento e cause di divisione ereditaria.

Il diritto di abitazione del coniuge superstite sulla casa familiare è un diritto forte, previsto dal codice civile. Le quote di legittima variano a seconda della composizione familiare al momento del decesso. L’“ex coniuge” divorziato non ha diritti ereditari né il diritto di abitazione. Un figlio può restare nella casa solo se c’è accordo tra coeredi o se in divisione l’immobile gli viene assegnato.

Se nella casa vive un parente senza titolo, gli eredi possono chiedere la liberazione dell’immobile. Diverso è il caso di un inquilino con contratto, che non può essere “sloggiato” arbitrariamente. La prima mossa per evitare guai è presentare la dichiarazione di successione entro 12 mesi dal decesso. È fondamentale aprire un dialogo tra gli eredi, possibilmente con l’aiuto di un notaio o un avvocato, per chiarire i diritti del coniuge sulla casa familiare, stimare i beni e pianificare la divisione ereditaria. La prelazione tra coeredi e l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario sono strumenti utili per gestire la situazione.

Queste non sono solo teorie: sono passi concreti per trasformare un potenziale conflitto in una soluzione sostenibile. Le regole sulle quote di legittima, il diritto di abitazione del coniuge, la prosecuzione delle locazioni, la comunione ereditaria e l’eventuale indennità di occupazione sono fondamentali per costruire un accordo equo.

Se ti trovi in questa situazione, è importante agire subito per chiarire chi ha diritto a restare, definire le condizioni d’uso della casa e pianificare la divisione ereditaria.

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