A soli 36 anni si può dire che è finita definitivamente, la decisione è ufficiale e stavolta non si torna proprio indietro. La scelta lascia tutti senza parole.
È ufficiale e non si torna indietro. Una pagina si chiude, con la scelta finale che solo certe scelte sanno avere: niente tentennamenti, niente ripensamenti, niente margini per ipotesi consolatorie. La notizia è arrivata nelle ultime ore, dopo settimane di sussurri e indiscrezioni, e ha subito acceso l’attenzione degli appassionati.

Il protagonista è uno di quei nomi che hanno segnato un’epoca recente, diventando sinonimo di talento, dedizione e risultati. C’è un prima e un dopo in ogni storia sportiva: oggi scocca l’istante esatto in cui il prima cede il passo al dopo.
A rendere ancora più forte l’impatto è l’età: 36 anni. Un numero che nel mondo dello sport può voler dire tante cose, ma soprattutto una: l’orizzonte cambia. Per chi ha abituato il pubblico a performance d’eccellenza, a giornate memorabili e a medaglie pesanti, il congedo non è mai un atto banale. È una presa di responsabilità nei confronti del proprio percorso, un modo per fissare la cornice all’opera compiuta. Ed è proprio per questo che l’ufficialità, quando arriva, spazza via le congetture e lascia spazio a una domanda sola: come ricordare al meglio ciò che abbiamo visto e vissuto?
Elia Viviani si ritira: addio a un protagonista tra pista e strada
La decisione riguarda Elia Viviani: il campione veronese ha annunciato il ritiro dal ciclismo. A 36 anni chiude una carriera che ha saputo unire, come poche, la tradizione della pista alla grande vetrina della strada. Il suo nome resterà per sempre legato a due immagini olimpiche: l’oro nell’omnium a Rio 2016 e il bronzo nella stessa specialità a Tokyo 2020, due medaglie che raccontano la sua capacità di dominare contesti tecnici e tattici molto diversi. In mezzo, e attorno, una costellazione di titoli continentali su pista e un ruolo centrale nella crescita del movimento italiano, sia a livello di risultati sia nella credibilità internazionale.

Sulla strada, Viviani ha costruito un palmarès da sprinter di prima fascia: vittorie di tappa al Giro d’Italia, alla Vuelta a España e al Tour de France, con il valore aggiunto della maglia ciclamino conquistata al Giro 2018, simbolo di una continuità impressionante durante tre settimane di corsa. Non è solo l’elenco dei successi a spiegare la sua statura, ma la qualità con cui li ha ottenuti: lettura impeccabile delle volate, capacità di tenere la posizione, freddezza nelle caotiche fasi finali, affiatamento con i treni dei compagni. In un ciclismo che cambia rapidamente, Viviani è stato un punto di riferimento, un interprete capace di aggiornare il proprio repertorio rimanendo competitivo su più fronti.
La sua parabola professionale ha toccato alcune delle squadre più importanti del WorldTour, esperienze che lo hanno arricchito dal punto di vista tecnico e umano. Dalla disciplina meticolosa della pista ha portato su strada un’attenzione al dettaglio rara, un approccio scientifico alla preparazione e una cultura del lavoro che lo ha reso affidabile per i direttori sportivi e decisivo per i compagni. Molti giovani velocisti hanno guardato a lui come a un modello, soprattutto per la capacità di conciliare ambizioni personali e obiettivi di squadra.
L’annuncio del ritiro, che arriva dopo una stagione di riflessioni e bilanci, lascia in eredità un’immagine forte: quella di un atleta che non ha mai smesso di reinventarsi, accettando di rimettersi in discussione per restare al vertice. Al di là dei trofei, la sua firma più riconoscibile resta il ponte gettato tra pista e strada, dimostrando che si può eccellere in entrambe senza rinunciare all’identità. Quanto al futuro, le prospettive rimangono aperte: la sua competenza tecnica e la sua esperienza internazionale potrebbero trasformarsi in un valore aggiunto per i progetti federali e per le squadre che puntano a far crescere le nuove generazioni, in particolare nei reparti di sprint e nelle specialità dell’endurance su pista.





