Cosa accade ai debiti del condominio se muore il titolare

Cosa accade quando si hanno debiti al condominio se muore il titolare? La situazione è davvero difficile da comprendere se non si conosce bene la legge, scopriamo tutto più da vicino.

Chi paga le rate arretrate quando il proprietario di un appartamento in condominio viene a mancare? Le spese ordinarie e straordinarie già deliberate restano sospese o continuano a maturare? E se l’assemblea ha approvato lavori importanti poco prima del decesso, chi è tenuto a sostenerne i costi? Gli eredi devono farsi carico di tutto, o possono sottrarsi? E se non ci sono eredi, o nessuno accetta l’eredità, il buco di bilancio finisce per gravare sugli altri condòmini?

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Cosa accade ai debiti del condominio se muore il titolare (referendumcittadinanza.it)

Il condominio può procedere con diffide, decreti ingiuntivi, persino pignoramenti, oppure deve attendere che la successione si chiarisca? E ancora: qual è il confine tra le spese maturate quando il proprietario era in vita e quelle sopravvenute dopo il decesso? Esistono limiti temporali o particolari tutele per l’amministratore e per la compagine condominiale? Infine, lo Stato può subentrare e, se sì, fino a che punto risponde dei debiti?

Cosa prevede la legge quando il proprietario muore: eredi, eredità giacente e Stato

Al momento del decesso, i rapporti attivi e passivi del defunto confluiscono nell’eredità. Le spese condominiali, ordinarie e straordinarie, rientrano tra i debiti ereditari: le rate già scadute e non pagate, ma anche quelle che maturano fintantoché l’unità immobiliare resta nella disponibilità dell’asse ereditario, sono debiti che gravano sull’eredità stessa. In termini pratici, finché l’immobile non viene trasferito, le quote continuano a essere dovute.

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Cosa prevede la legge quando il proprietario muore: eredi, eredità giacente e Stato (referendumcittadinanza.it)

A pagare sono gli eredi, se e nella misura in cui accettano l’eredità. L’accettazione può essere pura e semplice, con la quale l’erede risponde anche con il proprio patrimonio personale, oppure con beneficio di inventario, che limita la responsabilità ai beni ereditari. È quindi possibile che l’erede scelga una forma che circoscriva l’esposizione verso i creditori, tra cui il condominio. Da ricordare inoltre che chi subentra nei diritti su un’unità condominiale è obbligato, per legge, ai contributi dell’anno in corso e di quello precedente: la regola, dettata per gli acquirenti a qualsiasi titolo, si applica anche a chi succede mortis causa. In pratica, il condominio può chiedere al nuovo titolare (anche erede) i contributi dell’esercizio in corso e di quello precedente, mentre per gli arretrati più risalenti la pretesa resta sull’eredità del defunto.

Se gli eredi sono più d’uno, ciascuno risponde in relazione alla propria quota ereditaria. Resta fermo che, con accettazione pura e semplice, la responsabilità può estendersi al patrimonio personale; con il beneficio di inventario, invece, i pagamenti non possono superare il valore dei beni ricevuti. Questa distinzione è essenziale quando si trattano debiti condominiali consistenti, per esempio per lavori straordinari deliberati e ripartiti secondo millesimi.

Cosa accade se nessuno accetta l’eredità o non ci sono eredi? La legge prevede l’istituto dell’eredità giacente: su richiesta di chi vi ha interesse (fra cui il condominio creditore), il tribunale può nominare un curatore dell’eredità giacente. Il curatore amministra i beni del defunto, redige l’inventario e provvede a pagare i debiti, nei limiti dell’attivo ereditario. Ciò significa che il condominio può insinuare il proprio credito, ottenere anche un decreto ingiuntivo e concorrere con gli altri creditori, ma i pagamenti potranno avvenire solo nei limiti delle risorse effettivamente disponibili nell’asse.

Se, all’esito della fase di giacenza, non emergono eredi o nessuno accetta, l’eredità si devolve allo Stato. Lo Stato subentra per legge e risponde dei debiti ereditari nei limiti dell’attivo: non c’è, dunque, una garanzia illimitata, ma la possibilità per i creditori, condominio compreso, di essere soddisfatti fino alla concorrenza dei beni che componevano l’eredità. In presenza di un’unità immobiliare, ciò può tradursi nella vendita del bene e nella ripartizione del ricavato tra i creditori secondo le regole ordinarie.

Dal punto di vista operativo, l’amministratore dovrebbe aggiornare l’anagrafe condominiale annotando il decesso e i dati dei possibili successori, inviare comunicazioni e solleciti agli eredi noti o al curatore, se nominato, continuare a ripartire le spese sull’unità appartenuta al defunto, poiché l’obbligazione condominiale è connessa alla proprietà del bene, attivare, in caso di morosità, gli strumenti previsti dalla normativa condominiale: diffida, decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e, se necessario, azioni esecutive, rivolgendosi agli eredi, al curatore dell’eredità giacente o, in seguito, allo Stato.

Un profilo spesso rilevante riguarda la tempistica delle delibere: le spese straordinarie già approvate prima del decesso rientrano normalmente tra i debiti dell’eredità; quelle deliberate dopo la morte maturano comunque finché l’immobile resta parte dell’asse (o finché non subentra un nuovo proprietario), perché la contribuzione condominiale è una obbligazione collegata al diritto reale sull’unità.

In caso di incapienza dell’eredità, il condominio potrebbe non recuperare integralmente il credito. In termini contabili, ciò può riflettersi in un disavanzo che l’assemblea dovrà gestire nelle forme consentite, ferma restando la permanenza del credito verso l’asse ereditario o, se del caso, verso lo Stato. È quindi fondamentale, già nelle prime fasi successive al decesso, attivare gli strumenti legali disponibili, inclusa la richiesta al tribunale della nomina del curatore dell’eredità giacente, così da presidiare il credito e non compromettere la regolare gestione delle spese comuni.

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