Conto cointestato: ora fare bonifici così sarà reato, meglio che tu sia informato

Ecco quando diventa reato andare a utilizzare il conto cointestato, ora fare bonifici in questo modo sarà reato. Meglio che tu sia informato in merito.

C’è una novità che riguarda milioni di correntisti che utilizzano un conto cointestato per gestire la vita quotidiana: alcune operazioni di bonifico, se eseguite in una certa modalità, non solo sono vietate ma possono integrare un reato.

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Conto cointestato: ora fare bonifici così sarà reato, meglio che tu sia informato (referendumcittadinanza.it)

Non parliamo di una semplice raccomandazione della banca o di un cavillo contrattuale: si entra nel campo del diritto penale, con conseguenze potenzialmente molto serie per chi dispone delle somme in maniera impropria. La questione nasce da un più netto confine tracciato dalla giurisprudenza tra la possibilità di operare sul conto e la proprietà effettiva del denaro che vi transita.

Il conto cointestato, specialmente a firme disgiunte, è lo strumento scelto da coniugi, conviventi, familiari o soci per pagare utenze, spese comuni e imprevisti, confidando nella flessibilità: ciascun cointestatario può effettuare prelievi, versamenti, pagamenti e bonifici senza la firma dell’altro. Fin qui, nulla di nuovo. La novità è che questa libertà operativa non equivale a libertà di appropriarsi delle somme come se fossero esclusivamente proprie. E proprio qui si colloca il rischio penale: disporre del denaro in una certa maniera può trasformare un gesto quotidiano in un comportamento penalmente rilevante.

Le banche, dal canto loro, eseguono le disposizioni di un singolo cointestatario in base al contratto: se il conto è a firme disgiunte, un bonifico parte senza bisogno di ulteriori autorizzazioni. Ma la piena eseguibilità bancaria dell’operazione non mette al riparo da contestazioni penali o civili tra i cointestatari. In altre parole: ciò che è valido sul piano contrattuale con l’istituto non è automaticamente “lecito” nei rapporti interni tra i titolari del conto.

Quando il bonifico dal conto cointestato diventa reato

Il punto è chiaro: il cosiddetto bonifico personale, cioè il trasferimento di somme dal conto cointestato verso un conto esclusivo del singolo cointestatario (o verso terzi per finalità esclusivamente personali), se effettuato senza il consenso dell’altro e oltre la propria quota, può integrare il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’art. 646 del Codice penale. La Cassazione ha ribadito che l’operatività disgiunta non legittima l’appropriazione del denaro altrui: la banca esegue, ma l’ordinante risponde dell’uso che fa delle somme anche sul piano penale.

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Quando il bonifico dal conto cointestato diventa reato (referendumcittadinanza.it)

Gli elementi che fanno scattare il rischio sono tre: il denaro sul conto è, per presunzione, comune ai cointestatari; il trasferimento avviene a beneficio esclusivo di uno solo (per esempio su un conto personale o per spese non condivise); manca l’autorizzazione dell’altro cointestatario e/o si supera la propria quota di spettanza, specie se l’operazione svuota il conto o incide su risorse conferite dall’altro.

Non serve il prelievo in contanti: anche un bonifico è una forma di “interversione del possesso”, perché sottrae la disponibilità della quota altrui. Il reato può configurarsi, ad esempio, quando un cointestatario sposta sul proprio conto privato l’intero saldo del conto comune, oppure dirotta stabilmente somme che provengono dal reddito dell’altro, o ancora utilizza il conto comune come serbatoio per coprire investimenti o debiti strettamente personali senza alcun accordo. Il contesto di crisi della coppia, di separazione, o di lite familiare accresce la probabilità di contestazioni, ma la valutazione penale non dipende dallo stato della relazione: conta l’assenza di titolo a disporre della quota altrui.

Ci sono però condotte lecite e cautele utili: rientra nella normalità trasferire somme fino alla propria quota, purché sia dimostrabile l’entità del proprio apporto o l’accordo tra le parti; se tutto il denaro deriva da redditi del singolo e il conto è cointestato solo per comodità, l’ordinante può provare la titolarità esclusiva delle somme (ad esempio con buste paga, causali, estratti e una scrittura di pattuizione); un’autorizzazione espressa dell’altro cointestatario, meglio se tracciata per iscritto, neutralizza il profilo di illiceità; utilizzare causali puntuali (“trasferimento quota personale”, “restituzione anticipo spese”) e conservare scambi e-mail o messaggi può essere decisivo in caso di contestazioni.

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