Giocatori e tifosi in lacrime allo stadio: tutti sconvolti per la terribile tragedia che ha colpito il mondo del calcio.
Silenzio irreale sugli spalti, volti rigati dalle lacrime, abbracci tra avversari e compagni: immagini che nessuno vorrebbe mai vedere in un impianto sportivo. Eppure, chi frequenta lo stadio sa che non è soltanto il luogo dell’esultanza, del canto e del puro divertimento. È anche, purtroppo, uno spazio in cui possono consumarsi attimi di panico, di dramma, di vulnerabilità estrema. Una tragedia ha sconvolto il mondo del calcio, trasformando una normale giornata di campionato in un pomeriggio segnato dallo shock e dalla commozione collettiva.

I testimoni raccontano di un repentino stravolgimento del clima: dal rumore del tifo al brusio allarmato, fino al silenzio. In pochi istanti, ogni gesto tecnico e ogni trama di gioco hanno smesso di contare. Il terreno di gioco è diventato un luogo di emergenza, mentre in panchina e sul campo si moltiplicavano i tentativi di soccorso. È un promemoria doloroso di quanto sottile sia il confine tra la festa e la paura, e di quanto decisiva risulti la prontezza dei protocolli sanitari, dei defibrillatori e delle squadre mediche che presidiano le gare.
La tragedia che ha scosso il mondo del calcio
Le prime informazioni convergono su un malore improvviso che ha messo in allarme calciatori, staff e addetti ai lavori. La vittima è Mladen Zizovic, 44 anni, allenatore del Radnicki 1923. Si è sentito male a bordo campo durante una gara del massimo campionato serbo contro il Mladost, accasciandosi prima che i soccorsi potessero portarlo via. I tentativi di rianimazione effettuati immediatamente sul terreno di gioco non sono riusciti a stabilizzarlo, e anche durante il trasporto in ospedale le sue condizioni non sono migliorate.

La partita è stata sospesa, mentre in campo e sugli spalti scorrevano lacrime e incredulità. Zizovic era figura rispettata nel calcio bosniaco e dell’area balcanica. Classe 1980, aveva indossato, tra le altre, le maglie di Mladost Velika Obarska, Radnik Bijeljina, Rudar Ugljevik, Zrinjski Mostar, Tirana e Banja Luka, arrivando anche a collezionare quattro presenze in nazionale. Da centrocampista si era distinto per intelligenza tattica e leadership, qualità poi trasferite nella sua seconda vita da allenatore.
In panchina aveva guidato Radnik Bijeljina, Zrinjski, Sloboda Tuzla e lo Škupji in Macedonia del Nord. Con il Banja Luka aveva firmato risultati significativi: storica la prima vittoria europea del club contro l’Egnatia nelle qualificazioni di Champions League, seguita da una positiva campagna in Conference League conclusa agli ottavi contro il Rapid Vienna. Nel luglio 2025 aveva salutato il Banja per approdare al Radnicki 1923, una nuova sfida nella massima lega serba che si è purtroppo interrotta nel modo più tragico.
La notizia del decesso ha suscitato un’ondata di cordoglio tra i club della regione e oltre, con messaggi che hanno sottolineato non solo il professionista, ma l’uomo: discreto, competente, passionale. Le immagini dei giocatori in lacrime e degli addetti ai lavori sotto shock resteranno impresse a lungo nella memoria collettiva, così come il silenzio caduto sullo stadio nel momento in cui la speranza ha lasciato spazio alla realtà.





