Udine è teatro di scontri tra manifestanti pro Palestina e polizia prima della partita Italia-Israele: lancio di lacrimogeni, cariche, feriti e decine di fermati.
La città di Udine è diventata il palcoscenico di forti tensioni in occasione della partita di qualificazione ai Mondiali Italia-Israele. Quello che doveva essere un evento sportivo è stato preceduto da una manifestazione politica che, con il passare delle ore, è degenerata in scontri fra manifestanti e forze dell’ordine, lasciando sul terreno feriti e interrogativi sul confine fra diritto di protesta e ordine pubblico.
Il corteo, promosso da organizzazioni pro Palestina, aveva come obiettivo denunciare la presenza della Nazionale israeliana in Italia e chiedere che fossero presi provvedimenti in ambito sportivo in risposta alle politiche militari di Israele. Le strade della città si sono animate già nel tardo pomeriggio, con migliaia di persone che si sono radunate in vari punti del centro, portando attraverso striscioni e slogan il proprio dissenso.
Inizialmente la manifestazione è scorsa pacifica, ma con l’avvicinarsi dell’orario di inizio della gara, alcuni gruppi si sono staccati dal corteo principale e hanno cercato di raggiungere zone limitrofe allo stadio. È in quel momento che la situazione si è fatta incandescente: lanci di bottiglie, sassi e altri oggetti verso le linee della polizia, che ha risposto con cariche, uso di idranti e gas lacrimogeni. Le vie adiacenti sono state teatro di fughe, contrasti improvvisi e movimenti disordinati.
Tra i feriti vi sono anche giornalisti: due cronisti sono stati colpiti durante i disordini mentre documentavano gli eventi. Uno, colpito al capo da un oggetto volante, ha ricevuto cure immediate e il trasferimento in ospedale per accertamenti. Sono state registrate decine di fermi, secondo le autorità, circa venti manifestanti sono stati accompagnati in questura, con almeno due arresti dichiarati tra i fermati.
Il bilancio degli scontri parla di tre persone ferite e diverse decine di manifestanti fermati. Alcune fonti indicano che gli scontri maggiori siano avvenuti in piazza Primo Maggio, dopo che un gruppo ha cercato di sfondare il cordone della polizia. Cassonetti sono stati dati alle fiamme, e le forze dell’ordine hanno disperso i gruppi più irruenti con spray urticanti e cariche. Le autorità hanno anche disposto la chiusura di vie secondarie e rafforzato la vigilanza per evitare che le proteste si estendessero ulteriormente.
Lo stadio stesso ha risentito dell’atmosfera: molti spettatori sono arrivati con largo anticipo per evitare incidenti, e la capienza è stata ridotta per ragioni di sicurezza. All’interno dell’impianto, il clima ha riflesso l’esterno: fischi durante l’inno di Israele, un ambiente teso e la consapevolezza che la partita non si sarebbe svolta in condizioni normali.
Dietro a questi scontri emergono questioni complesse. Da un lato, il diritto alla protesta e alla libertà di espressione sono pilastri democratici. Dall’altro, le autorità hanno l’obbligo di garantire la sicurezza dei cittadini, proteggere chi assiste all’evento e tutelare l’ordine pubblico, specie in contesti dove la tensione politica è già forte. La scelta di autorizzare il corteo, le modalità con cui è stata gestita la manifestazione, la presenza di gruppi potenzialmente violenti: tutto diventa tema di dibattito.
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