In Italia tutti piangono per la scomparsa della grande stella dello sport: ecco chi si è spento.
C’è un silenzio particolare che scende quando lo sport perde uno dei suoi interpreti più riconoscibili. Un silenzio che non riguarda soltanto palazzetti, stadi o ring, ma entra nelle case, attraversa i bar e rimbalza sugli spalti della memoria. Perché gli sportivi, quando li seguiamo per anni, diventano uno di famiglia: li aspettiamo in TV, ne ricordiamo le imprese a tavola, ne conosciamo le rughe del sorriso e la postura prima della gara.

E quando se ne vanno, la sensazione è quella di aver perso un parente, un amico, un vicino di casa che sapeva parlare a tutti senza bisogno di parole. Nelle ultime settimane l’Italia ha già vestito troppo spesso gli abiti del lutto sportivo. Un gocciolare di addii cui si aggiunge, oggi, la scomparsa di un campione che ha segnato la storia di una disciplina durissima e romantica, fatta di fatica, di disciplina e di coraggio. Una disciplina che, forse più di altre, scolpisce i caratteri e fa dei suoi interpreti simboli di resistenza, dignità e rispetto.
Si è spenta una stella dello sport: chi è
È dal mondo della boxe che arriva la notizia destinata a colpire al cuore una comunità vasta: quella degli appassionati, dei praticanti, dei tecnici e di chi, nel rumore sordo dei guantoni, ha sempre percepito un’eco di nobiltà. Lacrime tra i tifosi, testimonianze affettuose sui social, telefonate, ricordi che affiorano. È un dolore che unisce generazioni diverse, perché il protagonista di questo addio ha attraversato epoche, ispirando ragazzi al primo giorno in palestra e nostalgici che custodiscono i ritagli di giornale come piccoli tesori personali.

Si è spento Ermanno Fasoli, ex pugile originario di Mandello del Lario, campione capace di scrivere pagine importanti sin dagli albori della sua carriera. Aveva 82 anni e il destino ha voluto che ci lasciasse proprio nel giorno del suo compleanno, il 9 novembre. L’Italia della boxe perde un riferimento, i tifosi un idolo discreto e tenace, la famiglia un punto fermo: lo piangono la moglie Renza, i figli Marco e Nicoletta, i nipoti Lorenzo, Zoe, Francesco e Giacomo, oltre agli altri parenti e a una comunità che non lo ha mai dimenticato.
Fasoli è stato più volte campione nazionale dei pesi superleggeri e ha respirato l’aria dei Giochi di Tokyo 1964, stagione in cui gli esperti lo consideravano tra i migliori al mondo nella sua categoria. Erano anni in cui la boxe italiana risuonava forte, sostenuta da palestre brulicanti, allenatori carismatici e un pubblico appassionato. In quel contesto, il nome di Fasoli ha rappresentato per molti un esempio di come il talento trovi compimento solo quando si appoggia alla disciplina quotidiana.
Firmo De Marcellis, suo allenatore e manager, ha affidato alla memoria parole intrise di affetto e orgoglio: “Per me è come un lutto familiare. A 13 anni lo avevo avviato al pugilato. Abitava vicino a casa mia, alla Rogola dove avevo la palestra di boxe. All’epoca allenavo la mia squadra con una decina di campioni italiani. Fasoli era un welter super leggero. Il suo fiore all’occhiello è stato l’avere combattuto con Bruno Arcari dimostrandosi nettamente superiore”. Un ricordo che dice molto del ragazzo e dell’atleta, della stoffa tecnica e del carattere temprato su cui si forgiano i veri campioni.
Parole che De Marcellis ha voluto allargare anche al profilo umano: “Ermanno era un campione e un ragazzo d’oro, intelligente, con un carattere fortissimo. Allo stesso tempo era dotato di tanta modestia. Nel 1964, anno delle olimpiadi, fu ritenuto dagli esperti di boxe tra i migliori al mondo”. L’immagine che ne esce è quella di un pugile completo, ma soprattutto di un uomo che sapeva tenere insieme determinazione e umiltà, il binomio che i maestri insegnano ai più giovani come la prima, vera vittoria.
Il cordoglio, unanime, attraversa anche le istituzioni locali. “Arrivederci Ermanno – ha scritto il sindaco di Mandello, Riccardo Fasoli –. Eri il più alto nostro rappresentante di uno sport mitico”. Una frase breve, ma capace di restituire il senso di appartenenza di un’intera comunità, orgogliosa di aver visto crescere tra le proprie vie un atleta che ha varcato i confini nazionali con il proprio nome e con il proprio stile.





