Aumento pensioni 2026: scopri se anche tu ci rientrerai da gennaio

Il 2026 può cambiare la musica del tuo assegno: la nuova rivalutazione dei contributi promette importi più alti per la pensione per chi azzecca la finestra giusta.

Quando si parla di pensione, pochi mesi possono valere migliaia di euro. Ecco il dilemma per chi è a un passo dall’uscita: conviene fermarsi nel 2025 o aspettare gennaio 2026 per rientrare negli aumenti? La questione non è da poco: capire se rientri tra i beneficiari e come evitare di restare con un assegno più magro è fondamentale.

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Aumento pensioni 2026: scopri se anche tu ci rientrerai da gennaio – referendumcittadinanza.it

Scoprire solo dopo che ti è sfuggito un bonus strutturale sarebbe un peccato. Ecco allora le novità circa l’aumento delle pensioni 2026 e come capire se spetta anche a noi da gennaio.

Le novità sull’aumento delle pensioni 2026

L’Istat ha certificato per il 2026 un coefficiente di capitalizzazione del montante contributivo pari a 1,040445, ovvero un +4,04% sui contributi accumulati fino al 31 dicembre 2024. Questo tasso, il più alto degli ultimi vent’anni, è il risultato della crescita del Pil nominale nel quinquennio 2020-2024.

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Le novità sull’aumento delle pensioni 2026 – referendumcittadinanza.it

Chi andrà in pensione nel 2026 vedrà il proprio montante crescere automaticamente; chi esce nel 2025, no. La differenza non è solo teorica: un montante di 100.000 euro sale a 104.044 euro, e su 300.000 euro si arriva a 312.120.

Spesso la consapevolezza arriva tardi: sei lì che firmi le ultime carte, convinto che valga la regola del “prima esco, prima porto a casa”, e invece il “prima” può costarti caro. Gli aumenti 2026 toccano solo chi matura la pensione tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2026. I già pensionati continueranno a ricevere la perequazione all’inflazione, non la rivalutazione del montante; chi prende prestazioni assistenziali resta fuori perché l’importo non dipende dai contributi.

La rivalutazione 2026 non si applica ai contributi versati nell’anno del pensionamento né a quelli dell’anno precedente. Una scelta di calendario può tradursi in un vantaggio strutturale. Non è una questione di poco conto: è un effetto che rimane per tutto l’arco della pensione.

Il focus è capire se puoi beneficiare del +4,04% e se ti conviene adeguare la data di uscita. Beneficia chi matura la pensione nel 2026. L’INPS conferma che l’adeguamento della capitalizzazione è automatico per gli iscritti alle varie gestioni. Il meccanismo è quello della riforma Dini (1995): il tuo “conto virtuale” cresce ogni anno in base al Pil, e dal 2015 una norma impedisce rivalutazioni negative.

Anche senza rivalutazione, i contributi 2025 entrano nel montante e quindi aumentano la base su cui si calcola la pensione. Su un montante di 300.000 euro rivalutato del 4,04% si arriva a 312.120 euro. Con un coefficiente di trasformazione intorno al 5,608% a 67 anni, l’assegno annuo lordi gira sui 17.504 euro, pari a circa 1.346 euro lordi al mese.

La risoluzione è alla portata, ma richiede rapidità e metodo. Verifica la tua finestra di uscita e simula almeno due scenari, fine 2025 e inizio 2026, con lo strumento INPS “La mia pensione”. Controlla il tuo estratto conto contributivo e correggi eventuali buchi o periodi non accreditati. Se hai avuto carriere spezzettate, informati su cumulo, ricongiunzione o totalizzazione. Considera la tua età di uscita; i coefficienti di trasformazione aumentano con l’età.

Ricorda i paletti: chi è già in pensione riceverà la normale perequazione all’inflazione, non la capitalizzazione del montante; chi percepisce assegni sociali o pensioni integrate al minimo non vede cambiamenti dal +4,04%. Il 2026 è un anno strategico. Una scelta di calendario può blindare un vantaggio permanente. Muoviti ora: simula, confronta e, se puoi, orienta l’uscita su gennaio 2026.

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